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La videoarte  - Intervista a Lucila Meirelles

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Da quando abbiamo iniziato la nostra lunga ricerca sull’arte latino americana, ci siamo imbattuti sempre più spesso nella videoarte.

Questo medium è veramente molto utilizzato dagli artisti sudamericani quanto poco conosciuto e apprezzato dal grande pubblico.

 

Ma, in questo mondo attuale, pieno di immagini e video di ogni genere...cos’è videoarte e cosa no? Ci basta che il supporto finale sia un video?

La risposta è ovviamente NO!

Il video artista Alessandro Amaducci ci spiega molto bene che “ la questione non è solo tecnologica, ma estetica: ci deve essere un discorso coerente di sperimentazione per cui il supporto originale si trasforma in qualcos’altro, in una ibridazione linguistica che abbia un senso rispetto alla tecnologia video che viene scelta come supporto di creazione e di presentazione dell’opera.

Se per arte intendiamo, nella maniera più generica possibile, ogni attività umana che usando in modo specifico una particolare tecnica riesce a produrre forme di espressione estetica, comunicando allo spettatore temi, emozioni o tracce narrative più specifiche, allora la video arte è una forma di espressione estetica che creativamente utilizza la tecnologia del video.”

 

Quindi, appurato che per fare videoarte bisogna prima avere ben in mente il messaggio che si vuole trasmettere e che non si tratta solo di tecnica, ma anche di estetica del medium, abbiamo iniziato a ricercare chi in Sudamerica ha utilizzato questo mezzo in maniera davvero pionieristica, imbattendoci in un esercito di mostri sacri della video arte brasiliana…

 

Una delle più attive è Lucila Mierelles:

 

Videoartista, regista, storica delle arti visive, Lucila Meirelles ha partecipato al movimento della videoarte degli anni ’70 insieme all’artista José Roberto Aguilar, quando ancora gli strumenti erano molto poco avanzati, pensiamo alle pellicole di allora, non c’era la post produzione, nemmeno in modo analogico, tutto era fatto in un unico piano sequenza.

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“Dovevi avere una buona idea in testa, accendevi la telecamera e qualcosa succedeva dall’altra parte…”

 

Già in quel periodo, però, è riuscita a produrre dei video che avevano dei caratteri ibridi, nonostante l’assenza di post produzione, il che ha causato molti rumors sul suo lavoro all’epoca.

 

“Loro mettevano in sottofondo un film, e io reagivo a questi suoni...questo produceva strati diversi di immagini”

 

Tanti video in quell’epoca erano auto prodotti dagli artisti stessi, tanto che Lucilla gioca sul fatto che casa sua fosse diventata un vero set di produzione :“era una centrale elettrica di videoarte”

 

Nascono allora anche i collettivi di video artisti, perché non esistevano gli strumenti per ognuno, essi venivano liberamente condivisi tra tutti.

 

“Tante volte partecipavamo al progetto uno dell’altro, condividevamo le idee e i modi di sperimentare...”

 

Sempre nello stesso periodo nascono tantissime opere concettuali, dove si mescolano vari linguaggi che spesso non si incontrano, quello che oggi è chiamato multimedia.

 

Facciamo però mente locale del periodo in cui tutto questo lavoro di Lucila inizia.

Gli anni ‘70 in Brasile sono gli anni della dittatura (Il governo militare brasiliano, conosciuto anche come regime dei Gorillas o Quinta Repubblica brasiliana fu una dittatura militare autoritaria che governò il Brasile dal 1º aprile 1964 al 15 marzo 1985 nel contesto della Guerra fredda. ), anni terribili anche di censura, principalmente dell’arte.

 

“era un’epoca terribile, non potevi fare quello che ti veniva in mente, per esempio il lavoro “circo antropofagico” doveva essere fatto per strada, ma era proibito. Dovevi fare tutto al chiuso. Se pensi alla video arte degli anni ‘70, tutto si svolgeva all’interno di case private, di forma intimista, dovevi risolvere la tua arte chiusa in casa tua!”

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Nonostante tutti i limiti che la dittatura poneva agli artisti, Lucila e gli altri artisti stavo lì a innovare sia in tematiche che in tecnologia.

 

Negli anni ‘80 Lucila inizia la sua carriera in solitaria. Uno dei primi lavori emblematici è stato quello di ricercare i video nascosti durante la dittatura.

 

“andavo nelle case a cercare le pellicole sotto i letti, dentro gli armadi per recuperarli, li asciugavo con il phon e dopo lì mettevo in supporti più avanzati…”

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Se ci soffermiamo a pensare a questo gesto dell'artista, riusciamo a capire il senso forse più profondo della vera arte, cioè quello della coltivazione della memoria colletiva.

Attraverso il recupero dei video, Lucila ha recuperato la memoria nascosta di quel tempo, rendendola fruibile a chiunque.

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Gli anni ‘80 a differenza del decennio prima, sono stati anni molto floridi per la videoarte.

Le case produttrici hanno cominciato ad accendere il proprio interesse verso questo tipo di arte e cedevano i propri spazi in orari notturni agli artisti per produrre i propri lavori.

 

In questo momento iniziano i veri impulsi creativi per Lucila. Il contenuto inizia a dialogare con la forma.

La tematica principale di tutti i suoi lavori diventa quella del limite, visto però da un punto di vista intimistico, come ad esempio l’autismo, ipovisione, la sordità.

 

“tutte le volte che penso un video, mi chiedo come questa tematica può diventare immagine o suono?”

 

La prima parte del suo lavoro è totalmente quella di ricerca, una ricerca profonda sull’argomento che si vuole trattare. Solo in un secondo momento  studia la tipologia del medium che sarà utilizzato per il trattamento del messaggio che vuole trasmettere.

 

“io mi butto di testa in quell’argomento, ricerco, ricerco, ricerco, e iniziano a sorgere gli insites…”

 

La ricerca della tematica è fondamentale non solo nella videoarte, perché fa in modo che l’artista esca dal suo luogo comune, dal suo mondo e apra la mente a tutto...in questo modo nasce anche la passione per una determinata tipologia di arte.

 

Mi sono chiesta, però, come mai la videoarte in Brasile negli anni Settanta ed Ottanta era così in voga e sotto i riflettori e cosa sia successo dopo per far sì che questa tecnologia sia andata piano piano in decadenza e solo sta facendo il suo ritorno, non con poche difficoltà?

 

Anche in questo caso è Lucila a farmi capire il senso di tutto, spiegandomi che in quegli anni era molto più facile arrivare alla massa, non esistevano tutti questi video e immagini prodotti da chiunque come adesso. Esistevano anche tantissimi collezionisti di videoarte, cosa davvero molto rara attualmente, dove manca l’educazione a questo stile e tecnologia.

Lucila mi spiega anche come mai il video ibrido, quello che all’inizio del testo citavo come base per un risultato ottimale della videoarte, in sudamerica oggi sia pochissimo utilizzato:

 

“c’è un privilegio del documentario oggi, non perché non siamo capaci di creare il video ibrido, o non ci sono le tecnologie per farlo...anzi!

Ma è molto più semplice fare il documentario, ci sono molti più soldi per quello. Hanno bisogno di raccontare una storia che deve arrivare a tutti...allora il mezzo migliore diventa il documentario”

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La videoarte è un modo di fare arte che mi sta davvero appassionando. E più la studio, più mi rendo conto di quanto ci sia da raccontare su di essa.

Lucila è il nostro punto di partenza, la nostra prima guida in questa lunga strada che abbiamo davanti.

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A lei va il nostro grazie ed enorme stima per il suo splendido lavoro.

NAME OF THE ARTIST: Lucila Meirelles

 

VIDEO TITLE: What is no longer

 

YEAR OF PRODUCTION: 2019

 

DURATION: 2´20”

 

CREDITS: Direction Lucila Meirelles; Soundtrack Cid Campos; Editing and Finishing Augusto Calçada; Realization FUNARTE – Ministério do Turismo

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