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BIENNALE AL CONTRARIO

Una guida particolare per visitatori consapevoli


Ma a cosa serve l’arte contemporanea? Siamo sicure che questa è una domanda che almeno una volta nella vita ognuno di noi si sarà posto, nel tentativo di comprendere il significato di un’opera.

Le risposte possono essere veramente tante, ma tutte nascono da un’unica certezza: l’arte è un linguaggio, una modalità di espressione, e come tale, è sempre in relazione con il tempo e lo spazio che la circonda.

Gli artisti, con la loro lingua, scrivono e ci narrano un pezzo della loro contemporaneità, soggettivo, parziale e mai universale. E con l’arte, quindi, è possibile veicolare quanti più racconti possibili.


Arte al Contrario è stata la nostra di risposta a questa domanda, perché se le opere possono narrarci pezzi di storie, descrivere luoghi, mostrarci realtà che non conosciamo, allora possono diventare strumenti importanti per aiutarci a seguire nuove direzioni, o tornare indietro per cambiare rotta, o nel caso andare controcorrente.


Proviamo ad approfondire insieme, attraverso l’arte, temi necessari del nostro contemporaneo spostando il nostro punto di vista!






Ci è sembrato un ottimo inizio, per questo blog nascente, partire dalla 60esima Biennale di Venezia. Ammettiamolo, un po’ perché fa gola parlare di questo grande evento, ma anche, e soprattutto, perché in realtà a noi interessa particolarmente per il tema che quest’anno presenta. Sembra essere un tema divisivo, che vuole prendere nuove direzioni e posizionamenti, ci calza a pennello, dunque, ma è realmente così?

 

DISCLAIMER: tutto quello che scriveremo, lo faremo … al contrario. Sì, perché noi ancora non l’abbiamo visitata questa Biennale, ma per prepararci nel migliore dei modi a farlo, vogliamo prima porci una serie di domande che potranno fare da guida sia a noi, e chi lo sa, magari anche a voi.


Partiamo dal titolo. STRANIERI OVUNQUE - Foreigners Eveywhere.

Ormai noto a tutti, il titolo di questa edizione è tratto da un’opera del collettivo artistico Claire Fontaine, un’opera che vuole far riflettere sul valore positivo dell’estraneità e delle differenze, ma che allo stesso tempo costringe a porre lo sguardo sui diversi processi che spingono ad essere stranieri: i processi coloniali, turistici, di gentrificazione.

Fin qui tutto bene, ci siamo preparate, e sulla carta si prospetta una Biennale molto interessante.




A qualche settimana dall’apertura, però, e dopo il clamore iniziale, una prima riflessione appare necessaria, cosa e quanto emerge di questi temi nel dibattito critico della carta stampata e delle voci di chi l’ha visitata? A cosa dobbiamo fare attenzione prima di addentrarci in Arsenale e Giardini?


Da sapere:


  • MAHKU (MOVIMENTO DOS ARTISTAS HUNI KUIN) è il collettivo artistico a cui è stato affidato il grande murales per la facciata dell’ingresso del padiglione centrale, padiglione che ospita l’esposizione principale curata da Adriano Pedrosa, curatore generale dell’edizione. L’arte indigena è per la prima volta protagonista in una grande manifestazione che aspira ad essere realmente internazionale. Qualche perplessità però concediamocela e non dimentichiamo che La Biennale di Venezia è sì un importante luogo di ricerca e sperimentazione culturale e artistica, ma è anche un grande prodotto turistico occidentale. Scegliere di presentare una mostra con molta pittura e scultura dal sapore “tradizionale” non rischia di far inciampare in stereotipi culturali difficili da abbattere?




  • Il Padiglione Italia: Luca Cerizza cura Massimo Bartolini. Un duo, al maschile, che al netto di tutto sembra essere piaciuto nella forma. Noi, a prescindere dal piacere o non piacere dell’esposizione di Bartolini, ci chiediamo se la forza del Padiglione Italia poteva essere maggiore nel veicolare il messaggio di estranietà, in un momento storico, per quanto riguarda l’Italia, di grande ottundimento sociale.




  • Venezia nei mesi della Biennale è ricca di tantissimi eventi, mostre e incontri da non sottovalutare, anzi. Non dimentichiamolo!


Queste suggestioni e punti di riflessione crediamo che possano venirci in aiuto nel visitare con consapevolezza un’esposizione di tale portata, il cui limite più grande, limite congenito alla stragrande maggioranza delle più importanti manifestazioni mondiali, è quello di presentarsi come grande evento aperto a tutti, ma incapace di arrivare con chiarezza e forza a quell’ampio pubblico che si vanta di raggiungere.


L’arte contemporanea, lo abbiamo già detto prima, è un linguaggio, ma proprio perché tale, è necessario che si serva di una traduzione accessibile e completa al fine di una reale partecipazione collettiva.




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