LA MEMORIA IN UNA FOTO – INTERVISTA AD HELENA GIESTAS
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Trovo incredibile come l’arte possa portare le persone a fare delle scelte di vita totalmente diverse.
E’ esattamente quello che è successo ad Helena Giestas, nata a San Paulo in Brasile, dove ha sempre vissuto la frenesia della grande città, lavorando in vari settori come quello sanitario che richiedevano immagini tecniche come radiografie e affini., ed in contemporaneo quello degli eventi e delle feste. Due settori diversi e lontani tra loro con un unico legame…quello del corpo.
Dopo tanti anni tra eventi e lavoro in ospedale decide di lasciare San Paolo e la sua sostanza caotica, e di trasferirsi in una cittadina più piccola, Valinhos, nello Stato di San Paolo, dove trova il coraggio di abbandonare il settore commerciale e di dedicarsi totalmente all’arte. Diventa madre e artista, due mondi totalmente intrinsechi!
La sua carriera ha uno sviluppo preciso: la fase di studio, legata alla fotografia di strada, in bianco e nero con tecnica analogica, passando per la fase “commerciale” di fotografia di eventi che le permetteva di sostenere economicamente la sua produzione artistica, fino ad arrivare ad oggi dove si dedica soltanto all’arte.
Il suo lavoro artistico è vario, e spazia dalla fotografia ottenuta con le tecniche tradizionali fino ad arrivare a delle vere e proprie installazioni. Il corpo e i legami sentimentali (inteso come memoria affettiva) tra le persone sono tematiche centrali.
La precisione diventa strumento per intervenire sulla foto, donando ad esse, attraverso il taglio con il bisturi, la tridimensionalità. Nascono così le serie quando não vejo mais | when I see no longer” e r e s p i r o NY dove il procedimento diventa il centro del progetto, il taglio, la piega, il retro del foglio, trasformano le piccole sagome di persone comuni, catturate da Helena in un momento di vita quotidiana, in protagonisti dell’arte e del luogo in cui quest’ultima viene esposta.
In questa fase è stato importante anche il rapporto con la carta stessa dove venivano stampate le fotografie, non era soltanto una questione di immagine, ma anche di tatto, di luce e di ombra, di bidimensionalità e tridimensionalità.
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Chiacchierando con Helena e ricordandomi delle interviste già fatte per #brazilianart, ho notato che la parola e il libro sono dei medium molto utilizzati dagli artisti brasiliani, ed Helena non è da meno.
Dopo la pandemia, inizia ad esplorare il mondo del libro d’artista, realtà da lei non sconosciuta, poiché anche quando fotografava i vari eventi, era lei stessa a realizzare manualmente gli album fotografici. Il libro però, in questa fase, assume un ruolo diverso, diventa mezzo di comunicazione per l’arte, tanto da portarla a progettare corsi di rilegatura, facendo in modo che le persone stesse potessero creare i suoi album dei ricordi, quasi come “un’arte terapia”.
Helena porta la tridimensionalità, l’organicità e la natura anche nei libri, che diventano dei libri popup, dove le immagini quasi per magia escono dal libro e ci guardano.
Diviso tra l’organico e fotografico, quello che si raccoglie da tutti i lavori di Helena è il messaggio legato al racconto personale di ognuno di noi. Ogni persona, ogni sagoma pazientemente ritagliata è storia, è vita ed è quindi memoria.
La fotografia è memoria, è attimo e momento, è oggi e solo oggi che rimane impresso in un pezzo di carta che parla e racconta di ognuno di noi.
Grazie al minuzioso lavoro di Helena possiamo conservare questa memoria, possiamo darle voce e possiamo riviverla oggi e domani.
Per sapere di più sul lavoro di Helena, potete visitare il suo sito
Grazie mille ad Helena per averci raccontato un pochino di sé e grazie a Tomas per il supporto come ogni volta