IL CORPO, LA PERFORMANCE, L’ARTE – INTERVISTA A CAMILLAT
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CamillaT, è una giovane artista brasiliana che vive e lavora a Campinas, una piccola città nello Stato di San Paolo.
La nostra scelta di intervistarla per #brazilianart, arriva dalla volontà di far conoscere non soltanto il suo bellissimo lavoro di ricerca, ma anche di poter far capire come funziona la produzione e gestione dell’arte in una realtà dislocata da San Paolo (pur molto vicina), che attualmente è in grande fermento e punta alla valorizzazione e sviluppo attraverso proprio l’arte contemporanea.
Camilla, infatti, non è solo una artista, ma è anche una curatrice e produttrice d’arte contemporanea.
Partendo proprio dalla voglia di decentralizzare l’arte dalle grandi capitali, ha iniziato a collaborare con alcuni spazi come Atal (@609atal), dove gestisce la produzione e l’organizzazione dello spazio che viene pensato e progettato per la divulgazione dell’arte contemporanea, con un occhio di riguardo all’internazionalizzazione dell’arte.
Ma è anche la fondatrice di Femea Fabrica (@femeafabrica), luogo nato dalla necessità di avere un proprio atelier e di dare spazio ad altri artisti per poter produrre insieme. Autogestito, al momento conta con sette artisti, emergenti e non rappresentati, che lavorano e condividono idee e produzioni. Pensato per la diversità nell’arte, non accoglie soltanto artisti visivi, ma ha un focus importante volto alla performance, modalità artistica attualmente in auge in Sudamerica (e non solo), poiché permette un linguaggio ampio e fluido, oltre ad accogliere artisti che lavorano con la musica, e l’arte sostenibile.
“Tutti abbiamo l’idea che le arti, principalmente quella visiva, sia sempre chiusa in sé e nel proprio atelier, il trasformare lo spazio in qualcosa di aperto e accessibile al pubblico è uno dei principali obiettivi di Femea Fabrica”
La performance e il rapporto con le Istituzioni
Camilla converte il sensibile in processo creativo, dove il corpo viene messo al centro e si trasforma in performance, lavoro che poi viene concretizzato in altri medium, come la fotografia, il video, oppure istallazioni; Come molti artisti Camilla inizia a far vedere il suo lavoro in spazi chiusi istituzionali, come gallerie, musei e spazi espositivi, oltre che in spazi aperti, ma intuisce che il lavoro quando veniva fatto in spazi pubblici all’aperto aveva una risposta proficua e positiva, mentre al chiuso negli spazi istituzionali c’era sempre qualcosa che mancava, la risposta artistica non veniva soddisfatta pienamente.
“Io cercavo durante la performance il rapporto con il pubblico, ma vedevo che all’interno dello spazio istituzionale questo non accadeva e l’atto artistico rimaneva a metà e non veniva del tutto concretizzato”
Così ha iniziato a cercare un modo alternativo per le sue performance, iniziando anche una ricerca diversa, più improntata sulla natura, ponendosi come strumento anche politico al di là dell’estetica, cioè un vero e proprio strumento di trasformazione.
Nascono così lavori che vengono asciugati nel linguaggio, creando una struttura simbolica accessibile a tutti.
Come ad esempio “Botica Elementar”, un piccolo contenitore in legno dove vengono immagazzinate alcune erbe officinali che Camilla coltiva e studia nelle loro essenze, una serie performativa che vuole unire gli oggetti necessari allo svolgimento del lavoro con una profonda poetica artistica.
L’oggetto in questo caso diventa parte integrante e fondamentale dell’atto performativo, inglobandosi al corpo, dando vita in questo modo ad un dialogo perfetto.
“Il tentativo della “Botica” è quello di pensare gli oggetti come nel nostro quotidiano, per esempio, farò un sapone con le erbe officinali che sto piantando nel giardino della Femea Fabrica, che diventerà un procedimento scultoreo, e questo sapone verrà offerto al pubblico di modo che essi stessi realizzino l’atto artistico ( utilizzo del sapone), a casa propria”
Questo tipo di opera diventa un mezzo per far sì che l’arte diventi popolare arrivando in modo semplice e conciso a chiunque.
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Creare uscendo dalla comfort zone
La chiacchierata con Cammilla è stata lunga e super stimolante, e anche lei ci ha risposto alla fatidica domanda “se venissi a produrre in Europa, il tuo atto creativo sarebbe lo stesso?”
Tanti artisti hanno difficoltà a risponderci a questa domanda, ma Camilla è stata chiara:
“ Io mi adatto ai luoghi, e per me è sempre molto stimolante uscire dalla mia comfort zone, il fatto di lavorare con le piante e con la natura aiuta molto questo processo di adattamento al luogo dove mi trovo. Ogni popolo ha le sue tradizioni anche per quanto riguarda la medicina e lo studio delle piante, quindi la mia arte deve essere sempre in movimento e altrove…fa parte della ricerca”
Se siete curiosi di conoscere ancora un poco del bellissimo lavoro che svolge Camilla, potete visitare la sua pagina IG @camillaticaa